Nell’NBA degli ultimi anni, se vuoi coltivare ambizioni di primo piano devi essere in grado di fare una cosa: battere Golden State. Se poi ci riesci resistendo per ben due volte ai tentativi di fuga dei Warriors, rimontando svantaggi anche consistenti e piazzando nel finale i canestri decisivi, realizzando così un filotto di 14 vittorie consecutive, allora sì, puoi legittimamente puntare al vertice.
Questo ha fatto Boston ieri sera. Non ha soltanto battuto i gialloblu di Oakland (92-88), ma lo ha fatto mostrando una grinta ed un carattere strabordanti, nonostante l’ormai prolungata assenza di Hayward. Una vittoria di tutta la squadra, per la gioia di coach Stevens, che può essere soddisfatto anche per l’ottima prova difensiva dei suoi uomini: non è frequente vedere i Warriors restare sotto i 90 punti.
Succede anche perchè i “top player” di coach Kerr non girano come dovrebbero: Curry si ferma a soli 9 punti, Green (11) e Thompson (13) fanno poco meglio. L’unico all’altezza è Kevin Durant (24 punti), ma è proprio l’ex OKC a fallire nel finale quel tiro che forse avrebbe portato il match ai supplementari.
Boston aveva visto i “mostri” già a 5 minuti dalla fine del primo tempo, quando Golden State era schizzata sul +17. Ma i Celtics di quest’anno sono di granito: all’intervallo hanno già accorciato parecchio il divario (42-47). I Warriors, come già fatto negli ultimi match, provano di nuovo a fuggire nel terzo quarto (di nuovo +17) ma Boston non si perde d’animo e realizza un’altra rimonta, fino al sorpasso firmato Tatum. Il testa a testa si decide nel finale: Irving pareggia i conti e poi sorpassa dalla lunetta, Durant sbaglia e Boston la chiude 92-88.
48 punti e 7 assist: un’altra prestazione stellare di James Harden consente a Houston di sbarazzarsi dei Phoenix Suns (142-116). Mike D’Antoni ritrova anche Chris Paul, finora praticamente mai utilizzato, e i risultati si vedono: settimo successo nelle ultime otto gare per i Rockets.