Per tirarsi fuori dalle difficoltà servono (anche) grandi giocatori. Golden State ne ha molti, ma ha soprattutto Steph Curry: il terzo quarto dello “Splash Brother” schianta un’ottima New York e permette ai Warriors di riprendere la marcia (123-112) dopo la sconfitta di Houston.
La gara non si era messa affatto bene per i campioni in carica. Chi pensava che Golden State avrebbe fatto un solo boccone dei Knicks (privi anche di Porzingis) si sbagliava. I newyorkesi sono scesi in campo determinati e concentrati, giocando decisamente meglio dei padroni di casa nel primo quarto. La difesa di coach Kerr non riesce a contenere Lee e Beasley, che spingono gli ospiti fino al +10.
Per non vedersi scivolare di mano anche questa partita, Golden State deve svegliarsi. I gialloblu di Oakland lo fanno in tempo: la rimonta condotta principalmente da Kevin Durant consente ai Warriors di andare al riposo sotto di sole due lunghezze. Ma è al ritorno in campo che il match prende completamente un’altra strada: Steph Curry (32 punti e 6 rimbalzi) decide di devastare la retroguardia dei Knicks, infilando 17 punti solo nel terzo quarto. New York non riesce più a riavvicinarsi, tanto che Golden State riesce a controllare la gara senza troppi patemi. Da segnalare solo l’espulsione di Durant a circa tre minuti dalla sirena per somma di falli tecnici.
Crisi nera per Boston. Allo Staples Center è arrivata la quarta sconfitta consecutiva (107-108) per gli uomini di coach Stevens, nonostante i 33 punti di Kyrie Irving. A decidere la contesa in favore dei Lakers è uno straordinario Kyle Kuzma (28 punti), autentico dominatore dell’ultimo quarto con 17 punti. L’ultimo a mollare è proprio Irving, che tiene a contatto i Celtics: la palla del sorpasso ce l’ha Smart, ma la sua tripla trova solo il ferro.
LeBron supera i 30.000 punti in carriera, ma è solo un premio di consolazione: Cleveland cade anche a San Antonio (102-114, 30 punti di Aldridge), incassando così la decima sconfitta nelle ultime 13 uscite.