Spettacolo doveva essere, e spettacolo è stato. Alla Oracle Arena si affrontavano due dei team che stanno dettando legge in questa NBA: i campioni in carica e dominatori della Western Conference, nonchè padroni di casa, sfidavano i ‘verdi’ di coach Stevens, in testa a Est nonostante un ultimo periodo non scintillante.
Boston ci ha provato a rompere le uova nel paniere ad una Golden State sempre più lanciata verso il trionfo (non solo a Ovest), ma l’impresa realizzata nelle ultime due stagioni stavolta non si è verificata. Il 109-105 con cui i Warriors hanno regolato i Celtics è frutto soprattutto di una prestazione mostruosa, l’ennesima, di un tale che sembra seriamente intenzionato a riprendersi lo scettro da MVP: stiamo ovviamente parlando di Steph Curry, che ha mandato allo sbando la difesa di Boston con i suoi 49 punti (più 5 assist) di cui ben 13 negli ultimi 2 minuti. Ovvero, quando servono le giocate del campione per portare la pagnotta a casa, lo “Splash Brother” risponde sempre presente. Per la gioia di coach Kerr e di tutta la Oracle.
Boston, dicevamo, ha retto praticamente fino alla fine nonostante il ciclone Curry. Questo perchè anche Kyrie Irving non ha affatto scherzato (37 punti), come succede sempre quando ha di fronte lo Steph in gialloblu. E poi va sottolineato l’aiuto sempre prezioso e concreto di Al Horford, che ha messo a referto 15 punti e 13 rimbalzi. Ma quando il livello deve alzarsi, chi aumenta i giri come il motore di un MIG è sempre lui, Steph Curry: già nel terzo periodo si prende la scena permettendo a Golden State di aumentare il margine, poi negli ultimi 120” decide chiaramente il match. I Celtics sono encomiabili: a 7 secondi dalla sirena è Rozier a infilare il canestro del -1, prima che Curry sigilli definitivamente il successo dei Warriors dalla lunetta. Terza W di fila per i padroni di casa, mentre per Stevens è senza dubbio il ko meno preoccupante dei 5 rimediati nelle ultime sei uscite.